Fondato dai Galli, l’abitato di Varenna fu urbanisticamente rielaborato dai romani, che ne fecero un proprio castrum riorganizzato in unità abitative di circa 15 m di lato, disposte a scacchiera.
Nominata come villaggio di pescatori nel 769, nell’epoca dei Comuni fu alleata a Milano e, per questo, nel 1126 venne distrutta dai comaschi . Accolse gli esuli dall’Isola Comacina, che subì simili sorte nel 1169: venne devastata, il suo castello e le sue chiese distrutte[6].
Il quartiere dove si rifugiarono venne chiamato Insula nova, nome che poi venne esteso all’intero borgo, che in poco tempo divenne uno dei più ricchi del lago. Agli isolani si deve l’introduzione del rito patriarchino, celebrato nelle chiese di Varenna fino a quando gli abitanti acconsentirono il passaggio al rito romano richiesto dal vescovo di Como. Tra l’altro, durante il periodo medievale, i varennesi si autoproclamarono sede di pieve civile.
Ancora oggi ogni anno si celebra l’esodo dei comacini e l’accoglienza dei varennesi, il sabato e la domenica della settimana in cui cade il 24 giugno, festa di San Giovanni. Il lago viene illuminato a giorno con migliaia di lumaghitt, lumini galleggianti abbandonati sulle acque, come a ricordare le anime derelitte che navigarono da una sponda all’altra, scappando dalle proprie case in fiamme.
I famosi artigiani chiamati Maestri Comacini sono i discendenti di questa gente.